Autore: Adriana (---.dialup.tiscali.it)
Data: mercoledì, 29 ottobre 2003 - 22:24
"Quando si impara qualche cosa da altri non la si puo' concepire così bene e farla propria come quando la si scopre da sé; come lo dimostra il fatto che, quantunque abbia spesso spiegato alcune mie intuizioni a delle persone fornite di ottimo ingegno le quali sembravano intenderle nel modo più chiaro, tuttavia quando le ripetevano notavo che le trasformavano quasi sempre in modo tale che mi era impossibile riconoscerle come mie..
e coloro i quali sono contenti di conoscere tutto quello che è spiegato dall'Autore e prentendono di trovarvi la soluzione di molti altri problemi di cui egli non fa parola e ai quali forse non ha mai pensato...possiedono un modo di far filosofia estremamente comodo, giacché l'oscurità dei principi di cui fanno uso permette loro di parlare con tutta sicurezza su qualsiasi argomento come se avessero una perfetta conoscenza e di sostenere le loro affermazioni anche contro le menti più sottili senza che vi sia modo alcuno di convincerli.
In cio' mi sembrano simili ad un cieco che per battersi senza svantaggio contro uno che vede, lo inviti a scndere nel fondo di una oscura cantina...
Per gli altri invece ..per i migliori ingegni, capaci di andare più lontano di me, a maggior ragione essi sapranno anche trovare da soli tutto cio' che ritengo di aver scoperto io...con maggior piacere che se lo imparassero da me.
E' pur vero che un uomo non puo' bastare a compiere tutte le esperienze, ma neppure a servirsi di altre mani diverse dalle sue...e quindi i volontari che potrebbero offrirgli il loro aiuto, per curiosità o per desiderio di imparare, non solo promettono di solito più di quanto mantengono e fanno progetti che non si realizzano mai, ma fanno rimpiangere il tempo perduto più di quanto se ne abbia tratto profitto".
Dal "Discorso sul Metodo" di Cartesio -
Mondadori Ed. 1993